Ecomuseo
Storia di Villanova
Un tempo, il territorio della Bassa Romagna era caratterizzato da ampie zone allagate.
Fino all’inizio delle grandi bonifiche del secolo scorso, l’intera area era disseminata da zone umide facenti parte di un ricco complesso idrografico che includeva stagni, zone acquitrinose dell’entroterra, aree deltizie, piallasse e basse retrodunali. Questo era l’ambiente ideale per la crescita di una rigogliosa vegetazione spontanea, adatta a vari usi.
E’ in questa realtà che, nel XIV secolo, sorse “Villanova delle Capanne”.
Il paese si sviluppò lungo l’argine sinistro del fiume Lamone e le sue abitazioni si disposero a pettine lungo la strada, che collegava i territori di Bagnacavallo a Mezzano, raggruppandosi in borgate.
Le abitazioni non vennero utilizzate solo come dimore, ma ben presto anche come laboratori, dove la popolazione, laboriosa e geniale, svolse per lungo tempo un’attività di tipo artigianale che l’ha resa nota anche al di là dei confini nazionali.
Fino a poco tempo fa, chi si trovava a percorrere la strada che attraversa il paese, avvertiva immediatamente la singolarità dell’attività locale, svolta in ogni cortile e sulla soglia delle case, con grande qualità e varietà produttiva. Stuoie di diverse misure e qualità, graticci, legacci, funicelle, impagliature di sedie, scope di vario tipo, panciotti, sporte, ciabatte, pantofole, cappelli, uscivano dalle mani capaci e svelte degli artigiani che intrecciavano abilmente le erbe palustri arricchendo ogni manufatto con trame diverse dettate dalla creatività individuale che lasciava sempre spazio a nuove variazioni.
Questa attività artigianale raggiunse livelli particolarmente importanti per qualità e quantità alla fine dell’800. Seguendo i dettami dell’industrializzazione, negli anni ’50, la produzione venne a perdere in parte la finissima qualità dei manufatti a favore della quantità e della moderna tendenza della moda, per concludersi definitivamente negli anni ‘70 con l’avvento delle materie plastiche.
E’ attorno agli anni ’50, comunque, che la creatività di Villanova si espresse non solo realizzando migliaia di forme e modelli di manufatti in erbe spontanee, arricchiti da trame sempre diverse, ma anche con la realizzazione di manufatti in legno, veri e propri assemblaggi smontabili e ripiegabili. In questi stessi anni, il paese venne visitato da vari stilisti che trassero ispirazione dalla ricchezza delle forme degli oggetti, adottandole nelle loro creazioni, arricchite solo da alcuni inserti.
Ciò che, da sempre, ha caratterizzato questa attività artigianale è la sua specificità locale, essendo racchiusa nei ristretti perimetri del paese; tutt’al più si poteva incontrare a Santerno, al di là del fiume Lamone oltre il ponte, dove però gli artigiani potevano considerarsi veri e propri lavoranti villanovesi.
Le materie prime
Le materie prime utilizzate, reperite nell’ambiente circostante, consistevano in cinque varietà di erba palustre: canna, stiancia, carice, giunco e giunco pungente. Complementare all’utilizzo delle erbe, era la lavorazione dei legnami nostrani: pioppo e salice.
Le attività di sramatura e di sfalcio, eseguite da anziani e competenti vallaroli, rispettosi in modo sacrale dell’ambiente vallivo, erano fondamentali per mantenere un equilibrio ambientale, floristico e faunistico, oggi a rischio.
Il capanno
Un’importante caratteristica ambientale locale, un tempo diffusissima ma oggi completamente perduta, era la costruzione rurale in canna palustre: il capanno. Si tratta dell’unica costruzione dell’uomo ad impatto ambientale “zero” che si integra armoniosamente con l’ambiente circostante, sia nelle zone umide che in quelle rurali e periferiche, da considerarsi una vera e propria “casa della natura”, esattamente come le tane degli animali o il nido degli uccelli.
In contrapposizione agli attuali criteri di edificazione dei grandi agglomerati urbani, violenti ed invasivi sia nei confronti del suolo ma anche del cielo, il capanno ha il grande pregio di fondersi con l’ambiente. Queste splendide costruzioni, realizzate in canna palustre con tecniche ancestrali che arricchivano la corte di ogni tenuta o podere rurale, furono utilizzate prima come abitazioni e in seguito come luoghi di lavoro, ricoveri per attrezzi o animali, conserve o cantine ineguagliabili.
L’ecomuseo: le sezioni espositive
L’Ecomuseo inizia la sua attività di ricerca e recupero nel 1985, con la finalità primaria di salvare e documentare un bagaglio di capacità e valori legati alla vita vissuta fra terra e valle. Particolare attenzione va alle antiche tecniche di lavorazione delle erbe palustri, sviluppatesi dal XIV secolo fino agli anni settanta, nella piccola comunità di Villanova di Bagnacavallo.
L’opera di ricerca, portata avanti dal gruppo di ricerca dell’Associazione Culturale Civiltà delle Erbe Palustri, evidenzia l’esigenza di non disperdere una varietà di tecniche di lavorazione di valore estremo, patrimonio generazionale che, estinguendosi, porta con sé un’arte specifica, si potrebbe dire unica, di intrecciare e tramare le erbe di valle, con le sole mani o con l’ausilio di rudimentali attrezzi.
Il Centro recupera incastri, intrecci, tessiture, trame, torsioni, filature, realizzati con le vegetazioni spontanee delle zone umide, cioè erbe e legnami da utilizzo che crescevano nell’ambiente circostante.
Accoglienza
L’accoglienza all’Ecomuseo avviene alla reception e al piccolo negozio del prodotto tipico, dove acquistare manufatti in erbe palustri, prodotti tipici del territorio e pubblicazioni sull’ambiente e sulla cultura locale.
Aula Didattica
La visita, sia di gruppo che singola, inizia nell’Aula Didattica per la visione di un filmato introduttivo sulla mission museale e sulle origini della lavorazione delle erbe palustri, attraverso immagini e filmati d’epoca.
L’Aula didattica (53 posti) è adatta anche a convegni, dotata di schermo e attrezzature per proiezioni video e presentazioni.
La sala immersiva
Si passa alla sezione che descrive l’evoluzione del territorio, un tempo caratterizzato da vaste zone umide e vallive. Per ovviare al radicale cambiamento intervenuto nell’ambiente circostante, si offre ai visitatori un “tuffo” nella valle, nella grande sala “immersiva”.
Una spettacolare linea d’orizzonte fisica e multimediale, lunga oltre 11 metri, priva di commenti didascalici e animata solamente da suoni d’ambiente e canti degli uccelli, sulla quale scorrono 16 minuti di contemplazione della valle e dell’habitat odierno delle vegetazioni palustri, un tempo molto diffuse e oggi presenti solo a rari tratti.
La proiezione in HD, oltre a permettere un’esplorazione di paesaggi insospettati, desidera indurre quel rispetto e deferenza che gli abitanti di queste terre nutrivano per la valle, dispensatrice di tante risorse e campo di duro lavoro al tempo degli sfalci.
Casa-laboratorio
Di fronte alla prima grande vetrina di manufatti, si accede alla casa-laboratorio.
Qui, proprio come un tempo, negli stessi spazi della casa in cui si viveva, si tengono le dimostrazioni pratiche di lavorazione delle erbe palustri da parte degli ultimi detentori del bagaglio di conoscenze inalterate delle antiche tecniche di intreccio, oggi riuniti nel progetto “Cantiere Aperto”.
Il Ciclo delle 5 erbe
Di fronte alla prima grande vetrina di manufatti, si accede alla casa-laboratorio.
Salendo al piano superiore inizia la visita al ciclo delle 5 erbe.
In quattro ambienti diversi, ciascuno dedicato ad un erba e ai manufatti con essa realizzati, si possono ammirare centinaia di reperti originali risalenti al periodo di maggior splendore dell’artigianato villanovese, dalla metà del XIX secolo alla metà del secolo successivo.
Nel passaggio da una sezione all’altra, un touch-screen che permette di attivare un video di interviste sulla vita di un tempo, le problematiche del lavoro, le passioni e la fatica.
Il piano ammezzato
Il piano ammezzato ospita 3 sezioni: una dedicata ai “giochi di una volta”, realizzati con materiali di recupero; la sala “del campionario” che documenta l’ampio raggio di distribuzione raggiunto dall’esportazione dei manufatti di Villanova e una sezione dedicata alla bioedilizia e alle sperimentazioni edilizie in canna palustre.
L’Etnoparco
La visita si conclude all’Etnoparco, sezione all’aperto dell’Ecomuseo. Il parco presenta le stupende capanne in canna palustre, un tempo diffuse sull’intero territorio ravennate.
Area ristoro – Locanda dell’Allegra Mutanda
Accanto al percorso museale, la struttura dispone di un’ampia area ristoro, originalmente arredata, con cucina attrezzata.
Questo spazio, come la sala didattica, oltre ad essere a disposizione di associazioni ed enti per laboratori scolastici, incontri e workshop, è utilizzato per la promozione dei prodotti del Consorzio “Il Bagnacavallo”.
Nato nel 1999, il Consorzio promuove i prodotti tipici locali valorizzando la tradizione agricola e le produzioni di eccellenza: la viticoltura, gli allevamenti, i prodotti dell’orto, la frutta, i fiori.
Il suo paniere contiene vini, tra i quali i rinomato “Bursôn” IGT, aceti, distillati, saba, miele, carni e dolci prodotti da numerose aziende di Bagnacavallo e dintorni.
La zona conviviale dispone di cucina dedicata all’ospitalità e alla partecipazione di servizio, alle visite guidate di gruppi di turisti, organizzati o liberi e all’attività didattica dell’Ecomuseo.
La locanda funziona solo su prenotazione per pranzi, cene, compleanni didattici, cresime e matrimoni e per eventi organizzati dall’Associazione culturale Civiltà delle Erbe Palustri, come la Sagra delle Erbe Palustri, Raboj, la notte verde ed eventi rivolti al mondo della scuola.
Sono presenti inoltre…
SERVIZIO CAFFETTERIA
All’occorrenza è possibile usufruire di un sevizio bar.
ACCESSO FACILITATO
Accessi facilitati per i diversamente abili o anziani. L’Ecomuseo è dotato di rampe d’accesso, ascensore e bagni per disabili.
SERVIZIO NAVETTA GRATUITO
Servizio navetta gratuito dalla Stazione Ferroviaria di Bagnacavallo (solo per scuole elementari; servizio su prenotazione).
L’etnoparco “Villanova delle capanne”
L’Etnoparco, sezione all’aperto dell’Ecomuseo, propone ai visitatori un suggestivo viaggio tra le varie e diversificate tipologie di capanne in canna palustre che un tempo caratterizzavano l’ambiente rurale e vallivo del territorio della Bassa Romagna, ricostruite con assoluta fedeltà dall’allievo dell’ultimo maestro capannaio.
A destra dell’entrata, il bellissimo capanno classico romagnolo, antica casa di abitazione villanovese; un capanno-cantina, semi-interrato; un casino di campagna, utilizzato per il ricovero degli attrezzi da lavoro; un paretaglio, semplice struttura coperta e aperta su tre lati, dove si svolgevano le prime fasi di lavorazione delle erbe, e qualche struttura minore quali pollai e servizi igienici.
Dal lato opposto della corte sono collocate altre costruzioni tipiche.
Si incontra per prima una capannina stagionale dei salinari, rivestita con le stuoie di stiancia villanovesi che, dopo essere state utilizzate per coprire le cataste del sale, si impiegavano per realizzare questo semplice e povero riparo, all’ombra del quale i salinari sono nati, cresciuti e hanno lavorato per tutta la loro vita durante la stagione del sale.
Accanto, un paretaglio da valle a cielo aperto, nascondiglio del cacciatore; uno stagno, delimitato dalla palizzata che comunemente serviva ad arginare i terreni vallivi, arricchito dalle vegetazioni spontanee tipiche delle nostre valli e dall’anatra autoctona romagnola; e, infine, la cavâna, tipico ricovero per le barche di valle a fondo piatto.
Perchè abbiamo costruito l‘Etnoparco
Le capanne, fedelmente ricostruite all’Etnoparco, rappresentano il tentativo di salvaguardare, non solo le modalità abitative che caratterizzavano un tempo il paese di Villanova, ma soprattutto le tecniche e le conoscenze costruttive alla base della loro erezione.
Urgente si è dimostrata la necessità di tramandare questa antica arte, al fine di scongiurarne la totale estinzione. A tal scopo l’Associazione Civiltà delle Erbe Palustri, oltre alla realizzazione dell’Etnoparco, grazie all’abilità dell’ultimo maestro capannaio, allievo del maestro Rosetti, uno dei più rinomati maestri capannai di Ravenna, noti per il loro innato senso estetico e della misura, ha organizzato corsi per allievi capannai e ha incentivato e contribuito, mediante la sua supervisione, al recupero di oltre 30 capanni di proprietà privata in tutto il territorio ravennate.
Lo studio dei capanni, ancor prima della loro costruzione all’Etnoparco, ha permesso di evidenziarne le tante qualità.
Mirabilmente integrato e in armonia con la natura e l’ambiente, sia per l’utilizzo del materiale interamente biodegradabile sia per le sue dimensioni non invadenti, il capanno è da considerarsi strutturalmente fra le costruzioni più durevoli e antisismiche esistenti.
Un capanno costruito nel rispetto dei precetti tradizionali non richiede manutenzioni particolari. La caduta prestazionale del materiale vegetale avviene mediamente solo dopo 30 – 40 anni e riguarda primariamente il tetto. Generalmente ciò non comporta mai la sua demolizione, ma una manutenzione mediante integrazione di nuovo materiale nelle parti più usurate.
Il tamponamento classico in canna palustre è, inoltre, un ottimo isolante termo-acustico, proprietà questa che dipende direttamente dalla tipica struttura cava della materia prima.
Le regole dell’arte della costruzione dei capanni sono il frutto di un ininterrotto processo di perfezionamento, sviluppatosi nel corso dei secoli.
Per questa sua origine esperienziale, l’arte dei maestri capannai produce una struttura apparentemente semplice, elementare e primitiva che, in realtà, osservata nel dettaglio, risulta altamente complessa e specializzata, poiché derivante da tanti piccoli gesti, accorgimenti, segreti, allo stesso tempo semplici ed indispensabili.
La costruzione del capanno non aveva bisogno di una progettazione programmata, ma di semplici accordi tra il capaner (il maestro esperto) e il padron (il proprietario) che ne definiva semplicemente l’ubicazione e le dimensioni.
I capanni di proprietà delle famiglie contadine, spesso, potevano essere spostati, per un trasloco oppure semplicemente all’interno della stessa corte rurale. Essendo un tutt’uno, in quanto la tecnica di costruzione è la cucitura e la legatura, ed essendo semplicemente appoggiato a terra, il capanno poteva essere sollevato con l’applicazione di cunei all’interno della struttura lignea e appoggiato su un carro tramite travi che lo tenevano sospeso per il trasporto.